Nei periodi in cui l'umanità ha dovuto fare i conti con dei conflitti mondiali, affinché si potesse sopperire alla mancanza di manodopera maschile, si vedono i primi inserimenti di massa di noi donne nel mondo del lavoro: ci viene permesso di occupare quei posti e quelle mansioni che fino a quel momento erano considerati unicamente maschili. Al termine della prima guerra mondiale noi non eravamo più necessarie per cui i governi fecero pressione per mandarci a prendersi cura della casa, del marito e dei figli (sempre per quelle tra noi che avevano ancora un marito e dei figli restituiti dalla guerra e non sempre interi e sani di mente, i quali spesso non sono in grado di trovare un lavoro per le loro condizioni).
Vent’anni dopo ci fanno lo stesso scherzo : i nostri uomini partono e noi veniamo inserite negli ambiti produttivi per ricoprire i loro posti lasciati vacanti. Questa volta per motivarci ci dicono che il lavoro è una condizione necessaria che ci dà dignità. Anche le mie figlie ci credono: donne giovani come loro si inseriscono nel mercato del lavoro, donne sposate, con figli, sempre di più cercano un lavoro, anche chi è di ceto medio e di un secondo salario in famiglia non ne avrebbe bisogno. Ci sentiamo più forti, nella nostra flessibilità e capacità di adattamento richiesto repentino, notiamo la nostra capacità di mandare avanti la nostra famiglia, spaccandoci la schiena durante le ore di lavoro, sostenendo i nostri cari, nascondendo la nostra paura e assieme ad essa i perseguitati. Se li avessero scoperti in casa nostra ci avrebbero condannate a morte.
…CONTINUA…
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