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05/04/10

L’Eurispes: in Italia la retribuzione degli uomini è più alta del 16%

FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA
Renata Polverini, con attenzione tutta femminile, quando organizza una riunione del suo sindacato non la fissa «mai dopo le cinque-sei del pomeriggio, altrimenti so di escludere le donne che hanno figli e famiglia». Perché, secondo lei, da tre anni segretaria nazionale dell’Ugl, tra i fattori che penalizzano le donne sul lavoro c’è «un’organizzazione su modelli maschili».

L'aspetto ancor più penalizzante, però, lo ha evidenziato ieri un rapporto dell’Eurispes: differenza del 16% tra le retribuzioni medie degli uomini e quelle delle donne, 4.000 euro l’anno in meno nelle tasche delle lavoratrici (28 mila contro 24 mila). Con una forbice abbastanza piccola tra i dirigenti (per le signore il 3,3% in meno), che si allarga nelle attività commerciali (13,4%), aumenta tra le mansioni intellettuali (18,8%) e sfonda il 20 per cento tra gli operai specializzati (20,8%).

«Il mercato del lavoro è strutturato per premiare il lavoro maschile - commenta la Polverini - e c’è un aspetto grave: le donne sono spesso disponibili a guadagnare meno pur di raggiungere alte professionalità». E se in America il neopresidente Obama ha firmato una legge per garantire la parità di genere, in Italia, secondo la sindacalista, «bisogna continuare a fare leggi che tutelino le donne; ma il grande salto da fare per creare una vera parità è culturale». Anche la giornalista Ritanna Armeni sottolinea le differenze con gli Stati Uniti: «L’atto di Obama è importantissimo, ma in Italia è una questione più ampia: le donne in certi posti chiave non ci arrivano proprio».

L’Università a due velocità
La sociologa Chiara Saraceno, d’altronde, brillante carriera universitaria «a cui sono arrivata più tardi dei miei coetanei maschi: quando sono diventata ordinaria le donne erano il 10%», sottolinea: «Sulla carta la parità c’è già: la disparità si risolve in parte con norme antidiscriminazione, in parte redistribuendo il carico della famiglia, e poi con più servizi e orari di lavoro diversi».

E’ la sola dirigente donna in un mondo maschile Carlamaria Tiburtini, 42enne direttore del personale dell’azienda di componentistica aerospaziale Microtecnica, 770 dipendenti, «e proprio ieri ho confermato a tempo indeterminato due operaie». «Con lo stesso salario degli uomini», precisa, «perché da quando sono qui ho ristabilito le curve di salario: prima, in effetti, c’era abbastanza differenza». «Da responsabile del personale - aggiunge - l’assenza per maternità non mi fa nessuna paura, anche perché ho avuto molti operai maschi che hanno preso il congedo di paternità». Un’eccezione virtuosa, però: spiega Eurispes che il 65,7% delle donne è ancora certa che la carriera porti a rinunciare ai figli.

L’ostacolo dei figli
Tiburtini, dell’Associazione italiana per la direzione del personale, ammette che tra i suoi omologhi maschi «c’è ancora chi chiede ai colloqui Ma lei ha intenzione di avere figli?...», ma c’è anche «a volte nelle donne un atteggiamento da vittime, a volte ci discriminiamo noi stesse: mentre ci vuole il coraggio di denunciare i soprusi se siamo davvero convinte di valere».

E’ convinta che proprio la legge sulla maternità vada cambiata l’imprenditrice Marina Salamon, «perché blocca l’accesso alle posizioni superiori; e poi bisogna incentivare una maggiore flessibilità in entrata e uscita e sostenere il telelavoro». Lei, racconta, «a parità di livello ho sempre privilegiato le donne: per dare una testimonianza, ma anche perché sono più fedeli all’azienda. E da me nessuna retribuzione più alta agli uomini». Quella denunciata da Eurispes: la scrittrice Dacia Maraini ascolta e sospira: «Dipende anche molto dalle donne, che devono allearsi. Vedo invece molta resa di fronte alle ingiustizie». Si è mai sentita discriminata? «Mille volte. Ancora adesso, quando si fanno le panoramiche degli scrittori del 900, non c’è mai un nome di donna. L’unica cosa che non discrimina è il mercato: forse perché leggono di più le donne...».

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